TRUMP TOWER
Sono stata a New York per la prima volta
nella mia vita nel 1987, non perché non
avessi avuto l’occasione prima, ma perché ne ero letteralmente terrorizzata.
Facevo incubi del tipo: sognavo colate laviche che scendono dalle streets di
N.Y, io che mi trovavo senza nulla addosso senza documenti senza soldi quindi
senza identità e senza sapere dove andare. Ci sono voluti ben 15 anni perché
comininciassi a capire l’origine del mio terrore. Grazie alle Costellazioni
familiari ho scoperto che il mio bisnonno di parte materna era figlio
di romagnoli immigrati negli Stati Uniti a cercare fortuna. Sicome la
madre non poteva avere figli, il padre lo ebbe con la serva, ma poi si vergognò
e lo rispedì ancora in fasce, con una balia, per essere cresciuto da una
famiglia di contadini poveri dalle parti di Sant’arcangelo in Romagna.
Nel 1987 fui costretta ad andare negli
USA perché avevo ricevuto l’incarico di organizzare per la Bayer un evento a
San Francisco. Dovevo assolutamente andare qualche mese prima dell’evento per
capire come ci si doveva muovere in quel mondo a me sconosciuto e che mi faceva
tanta paura.
Con la mia amica Paola decidemmo di
fermarci qualche giorno a Long Island da una sua amica sposata ad un medico
americano e dopo qualche giorno prendemmo un treno per Manhattam dove avremmo soggiornato
qualche giorno. Era una giornta di agosto e mi ricordo le strade deserte di
N.Y. il vento caldo dal sud, le strade piene di polvere e di carte di giornale
che volavano sollevate dal vento. Tutto questo fino a che non arrivammo sulla
quinta strada dove da poco era stato aperto quello che chiamavano il
grattacielo più alto, mi pare 115 piani: Il Trunp Tower. Quella era l’epoca che
se sbagliavi e dalla 5° Avenue svoltavi in una street a nord della 43esima rischiavi
la pelle per 10 dollari. Gente disperata sdraiata sui marciapiedi e perfino un
lebbroso avvolto nelle bende sdriato fra una scala mobile che saliva e una che
scendeva di una stazione della metropolitana.
Entriamo nel Trump Tower e l’effetto fu
choccante. Il lusso era sfrenato, luci, colori, acqua che scendeva delle pareti
dal 7/8 piano in vaschette piene di piante acquatiche. I primi otto piani erano
completameni aperti e creavano uno spazio circolare, le pareti dove scendeva
l’acqua erano di marmo rosso di Verona e di vetro, e al centro di questo grande
cilindro c’era un gioco di scale mobili i cui passamano erano tutti di ottone
dorato. Le balaustre che si affacciavano su questo spazio erano tutte piene di
boutique che offrivano articoli delle migliori marche, e signorine elegantemente
vestite servivono clienti molto facoltosi. All’interno dello spazio c’erano dei
propri e veri alberi illuminati con lucine bianche per ogni ramo. All’interno
del Trump Tower, la famiglia Trump aveva un suo appartamento di 500 metriq dove
viveva.
L’effetto era abbacinante. Quello era il
vero simbolo dell’America di allora e di tutta la sua potenza e opullenza.
Era il giorno prima del mio 39esimo compleanno
e dopo essere state al Lincoln Center e in altri posti ameni, Paola mi promette
che per il mio compleanno mi avrebbee offerto la colazione al famosissimo Hotel
Plaza. Verso le cinque del pomeriggio cerchiamo le nostre carte di credito e ci
accorgiamo di averle lasciate a casa dell’amica a Long Island. Ormai era troppo
tardi per tornare indietro e nel portafoglio avavamo solo 60 dollari. Cerchiamo
disperatamente un posto dove dormire e l’unico posto che costava meno di 60
dollari era l’hotel 17th sulla 17th street pieno di persone malate e pericolose.
Il portiere, da dietro un vetro antiproiettile ci chiese se veramente avevamo
intenzione di dormire lì. Noi gli rispondemmo che non avevamo scelta. Allora ci
mostrò la stanza dove avremmo dovuto dormire. Una stanza che aveva subito un incendio,
quindi con tutti i muri neri, sporca e malodorante. Dalle porte chiuse delle
stanze vicine si sentivano persone peobabilmente malate che tossivano e che
sbirciavano per vedere chi fossero i nuovi
arrivati. Poi ricordo un uomo di colore, alto due metri e largo uno, con
capelli a cresta color blu che scendeva le scale mentre noi salivamo. Usciamo
disperate da quell’orrore e a quel punto
ho uno dei miei flash. Mi viene in mente che un’amica italiana che aveva
abitato per anni a N.Y mi aveva dato il numero di telefono di una sua amica che
stava a Brooklin. Mi aveva detto è drogata e anche un po’ pazza ma è anche buona
ed è una pittrice di valore. Telefono a questa Helene che mi dice,
completamente in preda ad una crisi di astinenza, che tutti quelli che la
chiamavano dicevano che sarebbero andati a trovarla ma che nessuno alla fine ci
andava e che lei non ci credeva più. Ho usato tutta la mia pazienza nonostante
il mio pesimo inglese ma alla fine l’ho convinta. Ma l’avventura non era
finita. Nessun Taxi ci voleva portare a Brooklin a quell’ora. Dopo vari
tentativi ne abbiamo trovato uno che ci ha portato fino alla fine del ponte e
poi è scappato via come un razzo. Per fortuna il palazzo dove viveva Helene era
su Cadman plaza che è subito all’inizio di Brooklin. E, nonostante lo stato
pietoso in cui si trovava Helene, siamo rimaste lì con lei tre giorni. Questo
episodio di trovarmi senza soldi nè carte di credito mi ha ricollegato, dopo
l’esperienza con le Costellazioni Familiari, con l’esperienza del bisnonno rifiutato dalla familglia
proprio a New York che appena nato si era trovato solo e senza una vera
identità, diventato improvvisamente povero e rispedito in Italia perché
illegittimo.
Sono tornata a N.Y. dopo una quindicina
di anni e il Trump Tower era completamente cambiato. Niente più acqua che
scendeva, negozi chiusi e niente più alberi illuminati. Mi dissero che Mr. Trump
era caduto in disgrazia, e che aveva dovuto chiudere “bottega”. Aveva avuto un
forte tracollo finanziario e che quindi tutto quello che avevo visto quindici
anni prima non c’era più.
Con il loro voto di ieri è come se gli
americani sognassero i tornare ai vecchi tempi, quelli in cui Trump era il
sibolo della ricchezza e della opulenza americana.
Se milioni di americani hanno votato
Trump non è certo stato per un ragionamento razionale.
Da vedere e da ascoltare Mr Trunp sembra
proprio un imbecille. Il voto a mio parere è il frutto di un imput emozionale
non controllato.
Come quelli che vanno in stazione per
andare a Milano e che all’ultimo istante comprano un biglietto per Roma.
E’ così che io si spiego anche gli
svarioni dei vari sondaggi. Vedi anche la Brexit. Come mi racconta mio figlio
che sta a Londra nessuno ammetteva prima del voto che avrebbe votato per uscire
dall’Europa. E la stessa cosa è avvenuta in Italia nel 1994 quando ci fu
l’ascesa di Berlusconi.
Con questo non voglio assolutamente difendere
Hillary. Una donna con una testa da uomo e corpo da donna e quindi come dire un
po’ un “ibrido”. Nonostante le sue doti femminili e nonostante che le donne
siano la maggioranza dell’elettorato, non è nemmeno riuscita a vincere su un
“Macho” come Trump. Ancora più
guerrafondaia di lui. E mi verrebbe da dire anche “ambiziosa e avida di potere”.
Qualità, che come la storia ci insegna, più attribuibili ai maschi che alle
donne.
Insomma se il mondo sta andando da
quella parte sono sempre più convinta che la soluzione sia nel cambiare le
coscienze, perché le teste finora non hanno dato grandi risultati.
E ognuno di noi, nel suo piccolo e in
ogni momento della propria vita, può fare molto.
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